Un primo nucleo composto da 123 tele della collezione pittorica che don Camillo andava completando nel tempo era appartenuto fin dal 1830 a suo padre Agostino ed ancor prima alla Principessa di Fondi, la marchesa Costanza De Sangro: esso era parte degli arredi del castello federiciano dismesso al termine del possedimento feudale
Era “una vera, piccola, ma graziosa ed importante pinacoteca, con dipinti raccolti con cura, gusto e signorilità”, scriveva l’architetto Giuseppe d’Errico (cugino di Camillo) all’epoca.
Questi quadri di scuola napoletana del 1600 e 1700 realizzati da celebri artisti, provenivano a loro volta dai palazzi dei principi Ottajano, Forino, Piedimonte, Caracciolo di Napoli e, con molta probabilità, a seguito di un rinnovamento generale anche del palazzo De Sangro.
Secondo gli studi di Giulio Manieri Elia, infatti, lo spostamento delle opere nelle residenze di provincia era dovuto al profondo cambiamento di gusto che portò a Napoli il nuovo Classicismo romano, avvalorato dalla commissione che De Sangro affida a Luigi Vanvitelli per il rifacimento della sua residenza.
L’intenzione di una collezione fu realizzata grazie agli studi artistici approfonditi di Camillo, nonché all’apporto di intellettuali quali Friedlander, Malpica e Mommsen.
Sia secondo l’elenco approssimativo dell’epoca stilato dall’architetto Giuseppe d’Errico, sia secondo l’inventario completo del 1898 del notaio Gasparrini, molte di queste opere acquistate da Agostino furono integrate successivamente con quadri e libri comprati personalmente a Napoli da Camillo, su consiglio dello zio Vincenzo che frequentava i palazzi nobiliari d’Europa, da importanti antiquari napoletani e da Scognamiglio, restauratore del Reale Museo Nazionale di Napoli.
I primi studi compiuti sulle opere furono effettuati da Wart Arslan ai primi del Novecento, successivamente da Aurora Spinosa e Lucio Galante e pubblicati in cataloghi. I quadri sono stati così attribuiti a varie scuole pittoriche: quella napoletana, rappresentata da Salvator Rosa, Stanziani, Luca Giordano, Micco Spadaro, Luca Forte.
Della scuola bolognese ci sarebbero opere del Guercino e dei fratelli Carracci. Alla scuola romana apparterrebbero tele di Guido Reni, Schidone, Carlo Dolci, Maratta, per citarne alcuni. Ci sarebbero opere di scuola francese e tedesca, fiamminga, come Van Dick, Brueghel e Sneyders. Di quella spagnola sono presenti dipinti attribuiti a Velasquez e Ribera. Molti di questi sono pregevoli, assicurati già nel 1932 per somme considerevoli.
Le opere pittoriche possono essere così suddivise:
21 ritratti, 25 nature morte, 20 battaglie, 77 paesaggi, 58 soggetti religiosi, 42 pitture storiche, 47 pitture di genere, 4 baccanali, 8 bambocciate.
Da Raffaele Barbieri di Spinazzola a Giacomo Di Chirico di Venosa
In attesa di studi più approfonditi sul resto della collezione, resta certo che molti altri quadri apparterrebbero ad allievi di scuole pittoriche prestigiose. Esistono anche dei dipinti su committenza che Camillo fa al pittore Raffaele Barbieri di Spinazzola e a Giacomo Di Chirico di Venosa. Fra questi, i ritratti di Agostino, Vincenzo e lo stesso Camillo da giovane e da anziano.