In un paesino ancora composto da qualche abitazione intorno al palatium regium federiciano e poche case fra la boscaglia, questa residenza andò a formare il nuovo centro dell’abitato. La modernità del palazzo era che esso stesso definiva urbanisticamente il corso, ad indicarne le successive direzioni di crescita: una doppia fila di palazzi che fissarono il tratto ancora attuale del Corso Manfredi.
Esteriormente l’attrattiva della dimora era data dalla sua dimensione, all’epoca unica nel paese, con poche cornici che circondano porte e balconi e da un semplice cornicione. Evita infatti ogni sfarzo formale, decorazioni o richiami al passato. Il modello di residenza era nuovo per il posto, ma è un tipico palazzo padronale del Sud ottocentesco, esteso in lunghezza, a due piani più soffitte fuori terra dal lato del Corso, mentre sul retro sfrutta la differenza di livelli e presenta un altro piano aggiuntivo.
Costruito in pietra e malta di calce, ha due portoni d’accesso (di cui uno per l’ala privata fatta costruire nel 1870 dal fratello Giuseppe d’Errico) con androni a tutta altezza e scalinate che portano ai piani superiori; sul retro poche aperture ai piani bassi e una bella loggia al piano nobile.
Percorso un breve tratto scorgi una via lunga e dritta e lastricata, vedi d’ambi i lati delle case pulite, in mezzo a cui grandeggia il palazzo de’ d’Errico. […]
Al piano superiore vi erano circa 25 stanze tra ingressi, salottini di compagnia, una galleria, camere, salette, cucine e una parte estesa adibita a studio e biblioteca.
Al piano terra vi erano postazioni per carrozze e cavalli, rimesse, magazzini, officina, cantina e cappella. Nel 1837, per rispettare un voto della moglie Marianna in fin di vita, Agostino acquistò e fece ricostruire la Chiesetta del Purgatorio, dove poi ella sarebbe stata seppellita. Ubicata sulla parte retrostante del Palazzo, divenne la cappella privata di famiglia, ma fu anche aperta al pubblico. Dal ballatoio in alto le donne della famiglia partecipavano alle messe accedendovi direttamente dall’interno dell’abitazione.
Dopo la morte del padre Agostino, nel 1853 Camillo d’Errico si trasferì nel palazzo di fronte (anch’esso parte del patrimonio immobiliare compreso nel lascito testamentario) e fece costruire un’ala aggiuntiva al palazzo, sulla destra dell’arco del Purgatorio, nell’ottica di allestire due grandi sale a gallerie per l’esposizione dei dipinti, di cui una con lucernario per una migliore illuminazione delle opere.
Durante un viaggio in Basilicata, il poeta romantico partenopeo Cesare Malpica, come possiamo leggere dalla narrazione che ne fa nel 1847, descrive la dimora con queste parole:
“Percorso un breve tratto scorgi una via lunga e dritta e lastricata, vedi d’ambi i lati delle case pulite, in mezzo a cui grandeggia il palazzo de’ d’Errico. […] Non descrivo la casa dell’ospite, potreste credere che intenda ad adularlo, tante sono le cose che dovrei dirvi. Noto soltanto come in essa il lusso non sia una vana pompa, ma un mezzo per accrescer l’agio. Ma tacer non voglio come il forestiero sia accolto dall’affettuoso Signore con una garbatezza che si trova soltanto appo coloro che al pari di questi fratelli hanno ingegno, cuore ed esperienza di mondo. […] La galleria dell’ospite ha accolto quanti vi sono in Palazzo che aman le lettere e la poesia, e l’ho veduta piena zeppa. Ma domani io lascerò questo dolce soggiorno. Addio astro a cui ho confidato tanti miei pensieri; addio Murgie di Minervino; addio casa ospitale ove trovai sì generose accoglienze; addio giovani affettuosi e intelligenti che mi faceste sì bella compagnia. Vidi molte donne che leggon romanzi. Tutte ebber desiderio d’aver de’ versi dal poeta. Ma nessuna lo disse.”
(Cesare Malpica, La Basilicata: impressioni di Cesare Malpica, Festa, Napoli 18
A distanza di un decennio il sacerdote locale, Michele Spezzacatene, ci fornisce anche qualche dettaglio in più sull’aspetto del palazzo:
“A ritta, lungo la piazza, ergesi questo palagio novello, in cui fanno concorde armonia il lusso, la comodità, la decenza. Fornito di ricca mobiglia, pompa anche maggiore offre nella bella quadreria che lo adorna; e di questa non possiamo dispensarci di fare breve accenno… Epperò l’uomo intelligente ed amico delle arti che giunga in Palazzo, se prenderà cura di visitare questa casa, avrà sott’occhio una piccola sì, ma graziosa ed importante pinacoteca. Si abbia dunque le meritate lodi il padrone di essa, che seppe congiungere nella sua signorile abitazione, in amichevoli nodi, la ricchezza, l’eleganza, la religione. Ecco che vale, dice il Savio nel Libro Ecclesiastico, l’aver denari e saperli spendere!”
(Michele Spezzacatene, Descrizione topografica, storica, statistica, geologica e mineralogica dei Comuni di Palazzo e Montemilone,